False cooperative, un problema gravissimo, su cui non cessa l’impegno pubblico di Legacoop e delle altre centrali dell’Alleanza. Dopo la raccolta di firme per un progetto di legge nazionale di iniziativa popolare, da febbraio è al lavoro un’apposita commissione di studio istituita dall’Emilia-Romagna per arrivare a una norma regionale entro l’anno. Ma come si riconosce una cooperativa fasulla? Gli indicatori emersi sono tanti, la costante è il dumping sulle imprese sane, cioè l’abbattimento dei prezzi a livelli per cui è impossibile garantire il rispetto dei contratti e la sicurezza sul lavoro. Ma dai documenti della Regione emergono anche la scarsa conoscenza e condivisione dei valori mutualistici tra i lavoratori, la scarsa partecipazione alle assemblee, il livelli di indebitamento molto forte, la vita breve della cooperativa e i livelli retributivi molto bassi, anche oltre il 30% in meno rispetto a quelle regolari. La mancata adesione alle centrali cooperative è elemento da tenere in considerazione, perché Agci, Confcooperative e Legacoop non hanno solo una funzione di rappresentanza, ma anche di vigilanza sulle cooperative che aderiscono. Le coop non iscritte alle rappresentanze dovrebbero essere revisionate dal Ministero dello Sviluppo economico ma questo in pratica non accade quasi mai. «Chi vuole violare le regole sa che è meglio non fare parte di Legacoop», dice il presidente romagnolo Guglielmo Russo. In regione (dati Ervet/Unioncamere) sono 5.065 le cooperative attive, 1.378 delle quali operano nei settore manifatturiero, servizi alle imprese e logistica. Una prima linea guida potrebbe arrivare dall’adesione alle centrali cooperative. Infatti delle 5.065 cooperative 2.780 sono quelle registrate (2.285 quelle non registrate) ma se si restringe il campo di studio alle 1.378 di manifatturiero, servizi e logistica il rapporto si inverte: 800 quelle non registrate contro le 578 registrate. Gli enti di vigilanza esistono, dagli osservatori provinciali sulla cooperazione all’ispettorato del lavoro, ma spesso c’è difficoltà nell’incrociare i dati.
«Portiamo avanti da molto tempo e in tutti i modi possibili la battaglia alle false cooperative - ricorda il direttore generale di Legacoop Romagna, Mario Mazzotti – perché rappresentano un elemento di turbativa del mercato e di concorrenza sleale nei confronti delle imprese regolari, oltre che di destrutturazione delle tutele per i soci e i dipendenti delle nostre cooperative. L’istituzione della commissione regionale può dare una mano, anche perché parte da un punto di vista condivisibile, quello di mettere in evidenza le buone pratiche cooperative».
L’insieme delle problematiche è complesso e spesso si spinge alla verifica del ruolo dei committenti, cioè delle imprese che appaltano lavori e servizi, soprattutto per alcuni settori come la logistica, il facchinaggio e i trasporti. «A tutti i componenti della commissione che intendono approfondire conoscenze e questione proprie della cooperazione – prosegue Mazzotti – mettiamo a disposizione in maniera trasparente tutti i nostri dati e gli elementi di cui disponiamo, anche attraverso le nostre società di servizi».
Legacoop Romagna da parte sua, sta già sviluppando iniziative nei settori più a rischio, tese a evitare che la concorrenza non avvenga solo sui prezzi e il massimo ribasso e il costo della manodopera. «Occorre favorire processi di innovazione in grado di contemperare le esigenze del mercato con quelle della qualità. Ci auguriamo che il valore aggiunto della sicurezza e del rispetto delle regole diventi fondamentale anche nei settori a più alta intensità di lavoro», conclude Mazzotti.
Emilio Gelosi